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SCIENZE NATURALI
di Miriam Marconi, 12-04-2022
La conversione ecologica
     

Qualche mese fa abbiamo assistito ad un ampio e diffuso dibattito sul tema dei cambiamenti climatici in seguito al G20 di Roma alla Cop26 di Glasgow. I report scientifici[1] presentati hanno mostrato una situazione potenzialmente allarmante, ma gli accordi politici ed economici raggiunti sono risultati ancora inadeguati rispetto alle problematiche ambientali sollevate.  La sensazione che avvertiamo di fronte a questi temi è spesso quella di una sostanziale impotenza, una sorta di frustrazione di fronte all’enormità e alla complessità del problema, accompagnata dalla sfiducia nella possibilità di un’inversione di rotta da parte del genere umano. In questo contesto mi è sembrato importante e necessario richiamare alla nostra memoria alcuni aspetti del magistero della Chiesa sulla questione ambientale, in modo da offrire una prospettiva cristiana al problema dell’ecologia. Il tema della salvaguardia della natura e del creato, infatti, è stato significativamente sviluppato all’interno della dottrina sociale della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II, culminando nell’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, che è stata la guida di questa mia riflessione e il principale riferimento per la maggior parte delle fonti citate. Di conversione ecologica ed ecologia integrale hanno parlato in modo straordinariamente attuale anche San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI. Tuttavia l’interesse della Chiesa per il creato non è neppure una novità apparsa a partire dalla seconda metà del novecento, sono numerosi infatti gli esempi di Santi e Sante che in varie epoche hanno vissuto in totale armonia con la natura, facendo del rapporto con il creato uno dei cardini della loro esperienza di Fede: basti pensare a San Francesco d’Assisi. Nel nostro tempo lo stupore per il creato come dono di Dio e manifestazione del suo amore per gli uomini, si è accompagnato ad una sempre maggiore preoccupazione per la Terra, questa nostra sorella ferita costantemente colpita dai disastri ambientali[2]. La tutela della natura è diventato dunque un problema morale che riguarda ogni cristiano: non è possibile relegarlo esclusivamente ad oggetto di studio da parte del mondo della scienza, né considerarlo come uno dei tanti dilemmi che affliggono la società odierna, di competenza prettamente politica ed economica. La concezione cattolica dell’ecologia, infatti, si fonda sulla Sacra Scrittura che vede l’uomo come un essere superiore agli altri, creato a immagine e somiglianza di Dio, al quale il Padre affida la natura e il creato affinché vengano amministrati con responsabilità (Gen.1,26-29). A partire da questo presupposto ogni azione che riguardi l’ambiente e l’ecologia umana è sottoposta alla sfera della morale ed ha una conseguenza nella nostra relazione con Dio e con il prossimo. La natura infatti, con la sua bellezza, ci svela l’amore con il quale Dio ha pensato l’uomo prima della fondazione del mondo (Ef. 1,4) e, allo stesso tempo, la concessione all’uomo da parte di Dio della signoria sulla natura (Gen. 1,26-29. 2,19) ci parla di una relazione piena di fiducia nei nostri confronti e ci mette in profonda relazione gli uni con gli altri essendo la Terra la nostra casa comune.

In questo senso risultano davvero illuminanti le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II nell’udienza generale del 17/01/2001: “Si vede così che l’armonia dell’uomo con il suo simile, con il creato e con Dio è il progetto perseguito dal Creatore. Tale progetto è stato ed è continuamente sconvolto dal peccato umano che si ispira a un piano alternativo, raffigurato nel libro stesso della Genesi (cc. 3-11), in cui è descritto l’affermarsi di una progressiva tensione conflittuale con Dio, con il proprio simile e persino con la natura"[3]. Queste parole sembrano fotografare drammaticamente la nostra realtà, dandoci la misura del contrasto tra il progetto dell’uomo e quello di Dio per l’umanità. La terra infatti è sconvolta da catastrofi naturali, avvelenata dall’inquinamento, minacciata da cambiamenti climatici e, ultimamente, anche da guerre nucleari che potrebbero avere conseguenze drammatiche sul futuro dell’umanità. In questo scenario ciò che desta maggiore sconcerto è la consapevolezza che molte di queste realtà dipendano dall’attività umana. Questo fatto ci dà la percezione di come l’uomo, ferito dal peccato originale, sia passato dalla logica di Dio a quella dell’egoismo: il creato non viene più amministrato come un dono di Dio da custodire ma viene visto come un possesso, un bene di consumo.

San Giovanni Paolo II invitava già allora ad una conversione ecologica: un appello quanto mai attuale rivolto all’uomo affinché abbandoni la propria posizione di despota nei confronti della natura e del dono della vita stessa, in favore di un ritorno alla sua missione originaria di amministratore buono del Regno di Dio[3]. È necessario sottolineare che questo appello riguarda l’ecologia umana in tutti i suoi aspetti, non solo quelli dell’habitat naturale in cui si muovono gli esseri viventi, ma anche nei confronti della dignità stessa dell’esistenza umana. Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, ricordava infatti come il “libro della natura è uno e indivisibile sul versante dell'ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale” e che “il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana”[4]. Anche Papa Francesco nella sua enciclica ci chiama a riconoscere che sia l’ambiente sociale che quello naturale mostrano le ferite del comportamento irresponsabile dell’uomo e che “in fondo esse sono tutte causate dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano più verità indiscutibili che guidino la nostra vita” [5].  Potremmo identificare questo male con quel relativismo diffuso, che permea tutti gli ambienti della cultura e della società odierna, per cui la libertà umana sembra non avere più limiti. Al contrario le evidenze scientifiche attuali conducono sempre di più alla scoperta di un confine invalicabile, un punto di rottura oltre il quale non sarà più possibile tornare indietro: i movimenti ecologici stessi sono mossi dalla consapevolezza che la natura stabilisce per l’umanità una misura, oltre la quale si ha come conseguenza l’autodistruzione.

In questo scenario preoccupante e pieno di incertezza la Chiesa ci ricorda che i cristiani hanno il compito di annunziare al mondo la Speranza e sono chiamati a farla brillare davanti agli uomini. Benedetto XVI nell’omelia per il solenne inizio del suo pontificato disse che «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi” e ancora “la Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”[6]. Noi sappiamo che grazie all’opera redentrice di Dio, che ha inviato suo Figlio per salvarci dalla schiavitù del peccato, è possibile tornare a passeggiare in armonia con Dio nel giardino della creazione e preparare alle future generazioni un ambiente e una società che si avvicini di più al progetto del Creatore[7]. Penso che la Chiesa, con i suoi pastori, ci illumini e ci inviti a cogliere nella crisi ecologica odierna un appello ad una profonda conversione interiore: San Paolo, nella lettera ai romani, ci fa da maestro scrivendo che “la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio…e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla corruzione, per entrare nella libertà della Gloria dei figli di Dio” (Rm.8,19-21). La conversione ecologica, nell’ottica di un’ecologia umana integrale, è dunque una chiamata che riguarda tutti noi: è davvero possibile rispondere a questo invito perché l’incontro con il Signore può trasfigurare la nostra vita e renderci un riflesso dell’amore di Dio per ogni uomo, permettendo all’umanità di toccare con mano una nuova realtà e di intraprendere quel cambio di mentalità necessario a scongiurare possibili catastrofi future.



[1] The IPCC at COP26 in Glasgow - https://www.ipcc.ch/2021/10/26/ipcc-at-cop26/

[2] Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato sì, 2015, pp. 2-3.

[3] San Giovanni Paolo II, Catechesi, 17 gennaio 2001.

[4] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 51: AAS 101 (2009), 687., Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato sì, 2015, p.7.

[5] Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato sì, 2015, p.7.

[6] Benedetto XVI, Omelia per il solenne inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005.

[7] San Giovanni Paolo II, Catechesi, 17 gennaio 2001.